Domenica 11 febbraio 2024: laboratorio clown.
Una palestra, circa 40 persone, tutti volontari. Chi con una lunga strada già percorsa, ma con la voglia di continuare, chi con un percorso appena iniziato e un vasto orizzonte davanti, ma tutti decisi a trascorrere una giornata intensa insieme.
Intensa perché il corso clown richiede fatica fisica nel recuperare il movimento, quello piccolo impercettibile fino alla massima espansione: a volte lentamente, a volte velocemente, rispettando il proprio tempo o andando a quello dell’altro.
L’altro… Il nostro compagno volontario.
L’altro… il bambino che incontriamo in stanza o in corridoio mentre si sposta in oasi.
L’altro.. la famiglia che nelle stanze al nostro arrivo alza lo sguardo a volte con luce viva, a volte con la stanchezza di momenti difficili.
Noi clown insieme proviamo, sperimentiamo situazioni, ci guardiamo, ci “sentiamo”, ci emozioniamo.
Poche ore si trasformano in un viaggio che rimane dentro anche una volta rientrati a casa e questo perché per un’intera giornata il mondo è rimasto fuori, mentre noi finalmente abbiamo potuto essere solo noi stessi con l’unico compito di rimanere nella verità di noi e verso gli altri.
Ci siamo spogliati dei ruoli che ogni giorno vestiamo nel mondo del lavoro, niente responsabilità formali, noi nell’ascolto e nell’incontro di chi, con noi, viveva quel momento e quello spazio.
Sguardi, risate, silenzio, imbarazzo, gioia e tanto altro hanno reso questi momenti intensi.
Non è stato sempre facile mostrarsi agli altri, ma scoprire quanto le fragilità fossero vicine, ha reso il nostro abbraccio quella bolla d’aria di cui avevamo tanto bisogno.
Siamo partiti dall’avere confini, siamo arrivati alla consapevolezza dei limiti come momenti di crescita, di evoluzione, di nuovi orizzonti da scoprire, come persone e come volontari.
Ognuno di sicuro ha fatto almeno un passo avanti scegliendo di esserci, per se stesso, per gli amici volontari, ma sempre, e soprattutto, per i bambini e le famiglie che incontriamo.
Per quel bambino che nella poesia di Pellai che ci siamo regalati dice:
“Nei miei occhi ci sono io,
se tu mi guardi sei un po’ anche mio “,
nel tentativo di essere la versione migliore di noi stessi.